Le interviste di Oltreconfine
David Sciunnach

Qabbalah quotidiana

di Andrea Colamedici

in Speciale CABALA (Oltreconfine - n° 5 - Mag/Giu 2012)
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Da dove viene la parola Qabbalah?
La parola Qabbalah viene dal verbo lekabel, che indica “il ricevere”. Si tratta quindi di una tradizione che si riceve e di conseguenza si dona. La Qabbalah è la parte esoterico-mistica dell’ebraismo, la spiegazione nascosta degli aspetti occulti della Torà. Molti pensano di poterla approfondire senza capirne la base, ma in realtà il suo studio non può essere scisso da quello della Torà, del Talmud e della Mishna, ma anzi lo suppone. Per questa ragione non si dovrebbe studiare la Qabbalah prima dei quarant’anni, perché una persona deve avere il tempo di formarsi nello studio, ma anche nell’esperienza di vita, prima di potersi addentrare in un argomento più mistico, più delicato, più pericoloso.

Quali sono questi pericoli?
Uno studio affrettato della Qabbalah può allontanare dalla retta via, dalla comprensione vera della Torà. Non solo: una persona a quarant’anni è spesso sposata, ha dei figli, quindi non si lascia trascinare dal misticismo: i suoi piedi restano ben piantati per terra. Le pratiche della vita quotidiana, come occuparsi dei figli e della famiglia, diminuiscono notevolmente le possibilità di partire per la tangente. Chi invece vuole approfondire i testi troppo presto corre il serio rischio di impazzire. Nella mia vita, soprattutto quando vivevo e studiavo in Israele, ho conosciuto persone geniali che poi sono state ricoverate e sottoposte a terapie farmacologiche perché avevano sviluppato una visione della vita diversa da quella reale. Bisogna fare molta attenzione.

Come si struttura l’approccio alla Qabbalah?
La Qabbalah ha varie ramificazioni: ci sono innanzitutto gli studiosi di Qabbalah che non sono cabalisti, ossia tutti quei professori che hanno approfondito l’argomento a livello storico. Tra di loro possiamo ricordare Gershom Sholem dell’Università di Gerusalemme o Moshe Idel, ma anche personaggi italiani, penso ad esempio al professor Giulio Busi che ha scritto e tradotto alcuni testi dall’ebraico, dal francese e dall’inglese. Ci sono poi persone che entrano nel mondo della Qabbalah e iniziano a studiare lo Zohar senza essere dei cabalisti, perché non hanno ricevuto da altri cabalisti la rivelazione, la chiave interpretativa; ci sono anche persone che studiano ma non praticano le Mitzvot, facendone quindi una sorta di New Age, di passione spirituale che non porta nulla di concreto nella vita quotidiana; in pratica, la utilizzano solo per sentirsi un po’ meglio dentro: è il caso di tutto il movimento creato da Yehuda Berg a Los Angeles. Infine ci sono i cabalisti veri e propri, che anzitutto osservano la Legge, le Mitzvot e i 613 precetti, con una visione più mistica rispetto all’ebreo comune, alla ricerca della comprensione di cosa ci sia dietro al precetto. Hanno ricevuto questa visione dai loro maestri, che a loro volta l’avevano ricevuta da altri maestri, fino ad arrivare a Mosè e al dono della Torà sul monte Sinai. Hanno la chiave interpretativa di certi testi, che per i più rimangono criptati, ermeticamente chiusi. Cercano di comprendere opere come lo Zohar, il Sepher Ha-Bahir, il Sepher Yetzirah e tantissimi altri.

(continua)

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